Il
ministero del lettore
(dalla
rivista "La vita in Cristo e nella Chiesa")
Poiché la Parola di Dio è così urgente e necessaria per vivere non insisteremo mai abbastanza sulla cura che le spetta quando la proclamiamo nella liturgia. Non dovremo lasciar cadere neppure una briciola di questa Parola come badiamo che ciò non accada con il Pane eucaristico. Proprio per questo unifichiamo le indicazioni per Celebrare nella bellezza delle prossime domeniche concentrandole in questa lunga pagina dindicazioni per il prezioso ministero del lettore, rispondendo così a numerose domande dei nostri abbonati. Le traiamo da una piccola dispensa dellUfficio liturgico di Torino, per gentile concessione.
1. La liturgia della Parola
1.1.La celebrazione della Messa è strutturata in cinque grandi parti:
1.2. Struttura della liturgia della Parola
nella Messa festiva con i diversi ruoli
- Prima lettura (il
profeta, cioè dallAntico Testamento o, nel
tempo pasquale, dagli Atti degli Apostoli): un lettore;
- Salmo responsoriale: salmista + assemblea;
- Seconda lettura (lapostolo, cioè dalle
lettere del Nuovo Testamento o dallApocalisse): un altro
lettore;
- Sequenza: solista o lettore;
- Acclamazione al Vangelo: assemblea (+ solista);
- Vangelo: diacono o celebrante;
- Omelia: presidente o altro celebrante o diacono;
- Professione di fede: assemblea;
- Preghiera dei fedeli: presidente + diacono (o altri) +
assemblea.
La liturgia della Parola è, quindi,
estremamente varia; essa richiede sei atteggiamenti diversi: lettura,
canto, parola, professione di fede, preghiera, silenzio.
Lequilibrio di questi atteggiamenti è indispensabile
perché la liturgia della Parola venga trasmessa e recepita.
La liturgia della Parola deve sempre essere in stretto rapporto
con la liturgia eucaristica: non sono due parti separate, anzi la
liturgia eucaristica deve sempre agganciarsi, in tutti i modi
possibili, alla liturgia della Parola (cf SC 56). A questo
proposito lintroduzione al messale è molto chiara: Cristo
è realmente presente tanto nella sua Parola, quanto sotto
le specie eucaristiche; inoltre è realmente presente
nellassemblea dei fedeli e nella persona del sacerdote che
presiede la celebrazione (cf SC, 7; PNMR 7).
1.3.Le letture
La riforma liturgica ha istituito per la Messa festiva tre
letture perché i diversi passi della Scrittura silluminino
a vicenda e perché è impossibile capire il Nuovo Testamento
senza conoscere lAntico.
E molto importante che vi siano lettori diversi per ogni
lettura: la varietà dei lettori, i movimenti che essa provoca
nel presbiterio, leventuale alternarsi di una voce maschile
e di una femminile sono elementi che servono a rompere la
monotonia e contribuiscono a suscitare lattenzione
nellassemblea.
Chi sono i lettori? Il miglior sistema è quello di permettere al
maggior numero di fedeli adulti di fungere da lettori, a
condizione però che non si faccia leggere qualcuno senza essersi
assicurati che ne sia capace e che sia adeguatamente preparato. I
documenti del dopo Concilio in tema di liturgia insistono
ripetutamente sulla necessità che i lettori siano
veramente idonei e preparati con impegno (cf PNMR 66)
attraverso un cammino di formazione biblica, liturgica e
tecnica (cf OLM 55). Lo scopo di tale formazione non è
certo quello di creare professionisti della lettura, ma di far
capire anzitutto che lazione liturgica del leggere la
Parola di Dio ha unimportanza fondamentale
nelleconomia della celebrazione, poiché è soprattutto da
come vengono lette le letture che dipende se la Parola di Dio
giunge al cuore dei fedeli oppure no: ciò è fondamentale
affinché la Parola agisca e sia efficace. E inutile aver ridato
alla Parola di Dio un posto importante nella liturgia se poi non
cimpegniamo ad ottenere una buona lettura.
Il lettore deve anzitutto investirsi della sua funzione, deve
prendere coscienza che ]impegno di leggere la Parola di Dio
non può esaurirsi ad un semplice atto da compiersi, ma deve
diventare un vero e proprio ministero, coinvolgente lintera
vita di chi lo compie. Il lettore, pertanto, non può occuparsi
della Parola di Dio solo quando si accinge a leggerla, ma deve
porsi in ascolto ben prima, deve fare (come ogni
cristiano dovrebbe) della Parola di Dio il nutrimento della
propria vita. Il lettore è laltoparlante di Dio, il suo
inviato affinché la sua Parola, diventata Scrittura, ridiventi
Parola oggi; è il servitore dellAlleanza tra Dio ed il suo
popolo, che si manifesta nel continuo dialogo testimoniato dalla
Scrittura; è colui che fa sì che Dio parli al suo popolo,
riunito per ascoltarlo.
Alcuni consigli pratici:
· Le letture
devono essere lette dallambone messo bene in evidenza e dal
lezionario, non da fogli volanti, libri vari, ecc.
· Il lettore
deve sempre preparare la lettura con cura e sotto ogni aspetto.
· Prima
diniziare a leggere è bene attendere sempre che
lassemblea sia seduta, in silenzio, in disposizione di
ascolto; anche scenograficamente è importante uno stacco per
distinguere i riti dintroduzione dalla liturgia della
Parola. Se cè anche qualche secondo di silenzio, meglio!
· Non è bene
che i lettori stiano tutti ammassati allambone, uno accanto
allaltro, né che ogni lettore si avvii allambone
dopo una passeggiata attraverso mezza chiesa. E bene invece
che i lettori abbiano dei sedili a loro riservati e che li
occupino fin dallinizio della Messa. Sia
lavvicinamento sia lallontanamento dallambone
devono essere fatti con calma, lentamente e senza intralciare gli
altri.
· Giunto
all ambone, prima di iniziare a leggere, il lettore regola
alla propria altezza sia il leggio sia il microfono, poi guarda
in faccia la gente, come per presentarsi, e solo quando tutto è
a posto e lassemblea in silenzio comincia a leggere.
· Non leggere
mai ciò che è scritto in rosso (es.: prima lettura,
salmo responsoriale, ecc.): sono cose da farsi, non
da dirsi!
· Il titolo
devessere staccato dalla lettura mediante una pausa: il
titolo è un insegna che deve essere pertanto anche evidenziata
con un cambiamento di tono e di volume. Al termine della lettura
bisogna fare risaltare anche la frase Parola di Dio,
facendola precedere da una pausa, cambiando tono e guardando in
faccia la gente mentre la si dice.
Mettiamoci ora dalla parte dellassemblea: che cosa
devessere in grado di fare lassemblea mentre un
lettore sta leggendo la Parola di Dio?
· Sentire
materialmente: è questione di volume, di ritmo, dimpianto
di sonorizzazione.
· Ascoltare,
cioè prestare attenzione; ciò esige dal lettore che legga
bene. Il lettore non legge per sé, ma per gli altri: è
una differenza radicale poiché sono due azioni diverse: nella
prima si può anche non usare la voce, nella seconda la voce è
fondamentale. Lobiettivo del lettore non è la sua
personale comprensione (perché quando legge la lettura deve già
averla capita e studiata), ma è che gli altri, attraverso la
comunicazione orale, ascoltino, si trovino interessati al testo e
non si annoino.
· Capire,
il che non è per nulla automatico, come alcuni ritengono, per il
semplice fatto che in qualche modo è stata letta una pagina
della Bibbia. Dipende invece dal modo in cui il lettore si è
preparato a leggere il brano e da come lo ha effettivamente
letto. E quindi questione di ritmo (pause, velocità),
intonazione, articolazione, interpretazione (colore). Senza
questa preparazione difficilmente certi testi non facili e
complessi riescono comprensibili a chi li ascolta. Pertanto
dobbiamo lasciare il tempo alle parole non soltanto di essere
pronunciate, ma soprattutto di essere capite. La regola
fondamentale è: adagio e con senso. Inoltre è
fondamentale laver fatto precedere la lettura da una breve
introduzione che stimoli lassemblea a prestare attenzione e
laiuti a comprenderne il senso.
1.4.Il salmo responsoriale
Come lacclamazione al Vangelo costituisce
uno dei cosiddetti canti interlezionali, che hanno lo
scopo di creare un dialogo tra Dio che parla ed il suo popolo
radunato per ascoltarlo. Bisogna farvi molta attenzione poiché
spesso il salmo responsoriale è la cenerentola della liturgia
della Parola. Le modalità di esecuzione più utilizzate sono le
seguenti:
· Salmo
letto, ritornello detto. E la soluzione
minima, di pura esecuzione, da non raccomandarsi. Anzitutto non
si deve dire: Salmo responsoriale/ritornello. Bisogna
inoltre fare molta attenzione, perché in questo caso si corre il
rischio che il salmo diventi una quarta lettura: la lettura
devessere fatta con stile lirico, come si declama una
poesia (senza cantilena però); devessere interiorizzata,
pregata, ben diversa da quella delle due letture.
· Salmo
letto, ritornello cantato. E la forma più
usata. Ricordiamo che nel tempi forti è suggerito luso di
salmi comuni (es.: Avvento, salmo 24; Quaresima, salmo 50).
· Salmo
letto con sottofondo musicale, ritornello cantato o
detto.
· Salmo
cantato, ritornello cantato. E la forma più
appropriata per eseguire il salmo, poiché i salmi in origine
erano preghiere cantate; il momento del salmo deve pertanto
essere un momento lirico, poetico, che comporta anche
lelemento musicale. Chi canta il salmo? Non il coro, ma il
salmista, cioè un solista, con lintervento
dellassemblea nel ritornello.
La scelta della forma di esecuzione fra quelle
citate o fra altre ancora, non è assoluta, devessere fatta
in base a criteri ben precisi (il testo del salmo, la sua natura
spirituale, il contesto liturgico, il tipo di assemblea),
preferendo, ove possibile, il canto sia del ritornello sia delle
strofe (cf PNMR 39).
1.5.La sequenza
Un canto lirico (anche se spesso viene detto) che può essere
eseguito facoltativamente in diverse occasioni ed è obbligatorio
a Pasqua e a Pentecoste; sinserisce fra la seconda lettura
e lacclamazione al Vangelo.
1.6.Lacclamazione al Vangelo
E unacclamazione, un grido, un canto di gioia.
Normalmente si usa lalleluia. (alleluia è un
termine di origine ebraica che significa lodate Dio).
In Quaresima, invece, si canta unaltra acclamazione.
Non deve mai essere recitato! Non ha nessun senso
limitarsi a dirlo, perché per sua natura è
unacclamazione (cf PNMR 39). Al più si può dire il
versetto inframmezzato al ritornello cantato (però solo quando
non vi sono strofe cantate).
Essendo unacclamazione, non devessere troppo lunga,
anzi, devessere breve, intensa (non un canto con quattro o
cinque strofe!).
A volte (ad esempio in occasioni particolarmente solenni) è
opportuno cantare lacclamazione (solo il ritornello, però)
anche dopo il Vangelo come per inquadrare la lettura del Vangelo
al fine di sottolinearne limportanza. In questo caso
bisogna avvisare il diacono o il celebrante di non concludere il
Vangelo con Parola del Signore".
1.7.Il Vangelo
Eil momento culminante della liturgia della Parola (ma
non lunico importante!), poiché è Cristo stesso che ci
parla. Spetta al diacono o ad un sacerdote non celebrante o, in
assenza di entrambi, al sacerdote celebrante.
1.8.Lomelia
Lomelia ha come fonte la Parola di Dio e come
mèta la vita, cioè ha come scopo principale
lattualizzazione della Parola di Dio proclamata nelle
letture. Rappresenta pertanto lanello di congiunzione tra
liturgia della Parola e liturgia eucaristica.
1.9.La professione di fede
Si dice nelle domeniche e nelle solennità. E detta anche Credo
(dalla prima parola della forma più usata) o Simbolo, in
quanto è il simbolo, cioè il segno di riconoscimento, del
cristiano. E posta al temine della liturgia della
Parola, poiché costituisce la risposta della fede
dellassemblea alla Parola di Dio proclamata nelle letture e
commentata nellomelia.
Si suddivide in quattro parti: il Padre, il Figlio, lo Spirito
Santo, la Chiesa. E necessario curarne lesecuzione
per evitare che diventi un minestrone, cioè una pura
formula rituale detta ad una velocità eccessiva e con poca
attenzione.
Il Simbolo normalmente più usato è il cosiddetto Simbolo
niceno-costantinopolitano", può però essere utile ed
interessante variarne a volte il modo di esecuzione o anche il
testo. Ad esempio
- può
essere recitato dallassemblea, con alternanza di due cori;
- può
essere recitato da un solista, con lalternanza di un
ritornello cantato dallassemblea;
- può
essere usata la forma, più breve, del "Simbolo
apostolico;
- può
essere usata la forma battesimale (quella che si usa nella Veglia
di Pasqua e nelle liturgie battesimali).
1.10.La preghiera dei fedeli
E detta anche preghiera universale in quanto in essa
si prega per lintera umanità.
Le intenzioni, che possono essere liberamente formulate, devono
essere semplici, brevi, veramente universali (salvo rari casi
realmente importanti per la comunità).
Se si vuole che più persone propongano le intenzioni vi dovrebbe
essere un'effettiva libertà ed autenticità.
La risposta dell'assemblea è bene che ogni tanto sia variata
(evitare di usare sempre Ascoltaci, o Signore) e,
almeno nelle feste importanti, sarebbe bene che fosse cantata.
1.11.Il silenzio
Sono troppo pochi i momenti di silenzio durante la Messa! Ve
ne dovrebbero essere almeno dopo l'omelia e dopo la Comunione,
ma, possibilmente, anche durante l'atto penitenziale, dopo ogni
lettura, ecc. (cf PNMR 23). Altrimenti le nostre celebrazioni
rischiano di diventare un fiume di parole che si riversano
sull'assemblea, ma che difficilmente rimangono, perché non hanno
tempo di fare presa.
1.12.Il commentatore
E un animatore liturgico molto importante, soprattutto
in celebrazioni caratterizzate da assemblee vaste ed eterogenee.
Il suo compito è quello di guidare lintera celebrazione,
di essere il "cordone ombelicale" tra il rito e
lassemblea, attraverso alcuni brevi interventi fatti in
modo opportuno e al momento opportuno (cf PNMR 68; OLM 57).
Oltre allintroduzione iniziale della celebrazione, vi può
essere una monizione prima di ogni lettura (ed eventualmente del
salmo) oppure ununica monizione allinizio della
liturgia della Parola. Queste monizioni sono spesso
indispensabili al fine di fornire all'assemblea una chiave dì
lettura che laiuti ad entrare in sintonia con i testi che
verranno proclamati e di conseguenza al fine di consentire
allomelia di avere un saldo punto di partenza in letture
ascoltate e capite da tutti.
Le introduzioni o monizioni alle letture devono essere: brevi,
semplici, chiare (non anticipazioni allomelia o
mini-omelie), preparate con cura; non semplici riassunti ma testi
avvincenti che cerchino di evidenziare l'aggancio con
lattualità, con ciò che stiamo celebrando oggi,
eventualmente messe sotto forma di domanda in modo da stimolare
lattenzione. Per certe letture (soprattutto per quelle più
difficili) lintroduzione è indispensabile. Non dovrebbero
mai essere lette (al più si può avere davanti una traccia):
sono inviti, non proclamazioni, e quindi devono essere dette con
tono colloquiale, come in una discussione tra amici.
Inoltre vi possono essere anche altri brevi interventi
allatto penitenziale, alla presentazione dei doni, alla
Comunione, prima di alcuni canti, ecc.
Il commentatore devessere una persona diversa (quando è
possibile) dai lettori; non deve salire allambone, ma stare
in disparte perché non proclama la Parola di Dio. E
indispensabile che sia un animatore esperto e ben preparato,
dotato di un vivo senso di responsabilità, che non si limiti a
leggere monizioni scritte da altri e che sappia essere sobrio e
discreto, evitando ogni forma di protagonismo. Quando non c'è il
commentatore, il commento alle letture può essere fatto
opportunamente anche dal presidente.
2. Le tecniche di lettura
2.1.Comunicare con lassemblea
Molto spesso, anzi quasi sempre, si usa la stessa parola leggere
per indicare due azioni molto diverse: leggere per sé e leggere
pubblicamente, per gli altri. Nella prima azione si può
anche non usare la voce, mentre per la seconda la voce è
indispensabile. Questa confusione di significati comporta diversi
equivoci, primo fra tutti il ritenere che non sia necessaria
alcuna competenza specifica, né che ci si debba preparare, per
leggere durante una celebrazione liturgica.
Le conseguenze di questi equivoci le conosciamo tutti: persone
che vengono incaricate di leggere alcuni secondi prima della
celebrazione (o addirittura a celebrazione già iniziata);
lettori che, giunti allambone, vedono per la prima volta il
brano da leggere (quante volte succede che viene letto un brano
della domenica precedente o di quella successiva!); lettori che
leggono male (troppo in fretta, senza senso, con cantilena, in
modo non adatto al tipo di lettura, senza tener conto di avere un
microfono, ecc.
); letture affidate a bambini e ragazzi, che
ovviamente non possono comprenderle a fondo e quindi nemmeno
trasmetterne il contenuto, e tante altre disfunzioni analoghe.
Tutto ciò comporta una conseguenza precisa: la Parola di Dio non
giunge allassemblea e la liturgia della Parola viene così
ad essere decapitata. Inoltre anche lomelia perde parte
della sua efficacia, poiché è molto arduo, se non impossibile,
spiegare ed attualizzare letture che non sono state capite e
forse nemmeno ascoltate.
Che cosa si può fare per cercare di risolvere problemi così
importanti? Anzitutto far sì che i lettori si rendano conto che
il lasciarsi andare allimpreparazione,
allimprovvisazione, alla trascuratezza equivale a
prendere in giro Dio e lassemblea; che un tale
modo di comportarsi, umanamente parlando, non è serio e,
cristianamente, è irriguardoso sia verso la Parola di Dio, sia
verso i fratelli nella fede.
Laver preso coscienza di quanto siano importanti le leggi
della comunicazione per la lettura in pubblico comporta poi che
il lettore si sforzi di acquisire unadeguata competenza
tecnica, allo scopo dimparare ad usare correttamente la
propria voce e quindi consentire e favorire la trasmissione del
messaggio che è chiamato ad annunciare attraverso la
comunicazione orale, cioè la Parola di Dio. Quindi la tecnica
usata, cioè il modo di leggere, dinterpretare il testo non
è un di più, un lusso: è invece la prima condizione perché
sia suscitato un minimo interesse di ascolto.
2.2.La preparazione delle letture
A questo punto ci si può chiedere: in pratica che cosa deve
fare un lettore per prepararsi a leggere una lettura? Si può
rispondere suggerendo una serie di operazioni che gli consentono
di studiare e approfondire progressivamente e sotto i diversi
aspetti il testo.
1. Sapere con congruo anticipo quando e che cosa
si dovrà leggere: ciò comporta lesistenza del gruppo
lettori, che si deve occupare anche di stabilire turni di lettura;
bisogna fare di tutto per evitare di scegliere un lettore
poco prima della celebrazione (o addirittura a celebrazione già
iniziata).
2. Leggere e studiare il testo per capirne bene
il significato, aiutandosi eventualmente con un commento e
partecipando inoltre alle riunioni del gruppo liturgico
parrocchiale (per poter fare ciò è indispensabile che ogni
lettore possegga un messalino).
3. Individuare il genere letterario del
testo, facendosi almeno unidea del libro da cui è stata
tratta la lettura e del tipo di lettura.
4. Cercare le parole o frasi chiave del
brano, perché è su di esse che dovrà centrare lintera
lettura.
5. Studiare il testo dal punto di vista tecnico allo
scopo di leggerlo correttamente, ovvero: andare alla ricerca
della cosiddetta punteggiatura orale della lettura
(pause, incisi, cambiamenti di intonazione, di ritmo, ecc.),
mettere in evidenza le parole di difficile pronuncia, il tipo
dinterpretazione adatto, ecc.
6. Leggere la lettura ad alta voce più volte,
cioè fare vere e proprie prove, possibilmente di fronte a
qualche ascoltatore o anche al registratore.
Di fronte a questa scaletta di preparazione il
lettore non deve, ovviamente, spaventarsi: come in tutte le cose
non è necessario fare tutto subito. Ma è bene procedere per
gradi, cercando di assimilare questi principi progressivamente e
soprattutto verificandoli ogni domenica attraverso
lesperienza diretta. Ciò che non deve mai venir meno è lo
sforzo continuo di mettere in pratica, un po per volta,
tutte queste cose, cominciando con il preparare ogni volta la
propria lettura, con costanza ed impegno. Se si trova il
tempo di fare molte altre cose, spesso assai meno importanti,
perché non trovarlo anche per le letture? Data limportanza
di questo lavoro settimanale, riassumiamo i vari passi in uno
schema che potrebbe essere utilmente distribuito a tutti i
lettori come promemoria.
Sei domande per preparare bene una lettura
1) Quale brano verrà letto, oggi ?
· procurarsi il
testo.
2) Di che cosa parla?
· leggere il
testo.
3) Posso avere qualche notizia in più?
· leggere
l'introduzione al brano sul messalino.
· leggere
l'introduzione alla celebrazione sul messalino.
· leggere sulla
Bibbia lintroduzione al libro da cui è tratto il brano.
· consultare
sussidi (ad es.: Servizio della Parola).
4) Quali sono le parole, le frasi chiave?
· leggere il
testo sottolineandole.
5) Come posso leggere il brano?
· leggere il
testo sillabandolo, provando volume e ritmo;
· leggere il
testo applicando volume, ritmo e pause;
· leggere il
testo mettendo in rilievo le frasi chiave;
· leggere il
testo vedendo le immagini.
6) La mia lettura è ascoltabile?
· leggere il
testo ascoltandosi, verificando se con il proprio modo di leggere
lassemblea è in grado di: sentire, capire, ascoltare.
2.3.La respirazione
Emolto importante imparare ad effettuare una
respirazione corretta, ossia addominale e non soltanto toracica
(cosa che si ottiene facendo ampio uso del diaframma), e
sufficientemente profonda. Solo così si riesce ad emettere una
voce valida sia qualitativamente sia quantitativamente. Si
ricordi, inoltre, che una buona respirazione può favorire il
rilassamento e quindi aiutare a vincere la paura e la tensione.
2.4.La voce
Sulla base di una corretta respirazione, si tratta di
utilizzare al meglio le possibilità dellapparato vocale.
Una buona voce devessere robusta e non debole, sicura e non
tremolante, calda e non acuta e stridente.
Per evitare, ad esempio, voci ingoiate o nasali,
occorre apprendere come si sfruttano i risonatori naturali
(cavità orale, seni nasali, ecc.). Per ottenere, poi, una voce
veramente personale, ciascuno dovrebbe individuare in quale
registro (acuto, medio o grave) essa risuona più naturalmente.
Eovvio che solo attraverso una serie di esercizi specifici
si possono ottenere risultati apprezzabili.
2.5.Lanalisi della frase e del periodo
E essenziale rendersi conto, anche senza soffermarsi a
lungo, di come sono costruite le frasi e i periodi che compongono
il testo da leggere. Ad esempio, un periodo in cui prevalga la
paratassi (ovvero la successione lineare delle frasi una dietro
laltra, suddivise da pause o da congiunzioni come: e, o,
quindi, ma, ecc.) come, ad esempio, in molte pagine dei
Vangeli, deve essere letto in modo ben diverso da un periodo in
cui prevalga lipotassi (ovvero lordinamento
gerarchico delle frasi in cui ad una frase principale sono legate
altre, dette secondarie, per mezzo di congiunzioni come: che,
perché, se, quando, mentre, ecc.), come, ad esempio, in
molte pagine delle lettere di san Paolo.
2.6.Le pause
Per leggere bene bisogna fare le pause al momento giusto, nel
modo giusto. Preparare una lettura significa quindi, anzi tutto,
studiarla al fine dindividuare le pause che dovranno essere
fatte, distinguendo quelle lunghe e quelle brevi e poi segnarle
con una o più sbarrette a matita (il numero di sbarrette è
proporzionale alla loro lunghezza), nei punti opportuni.
Le pause si suddividono in: pause sintattiche e pause espressive.
Le pause sintattiche vengono stabilite in base alla
sintassi della frase e quindi in base alla punteggiatura < , ;
: . ! ? - ( ) > e sono più o meno lunghe in
base al segno che vogliono esprimere; vi possono però essere
variazioni che dipendono dalla lettura in questione e
dallinterpretazione che ne vogliamo dare. Si può ritenere
comunque che la maggior parte delle pause lunghe corrisponda alla
fine dei periodi.
Le pause espressive, invece, non sono soggette a
regolamentazioni precise ed il loro uso è a discrezione del
lettore; la loro importanza però non è di certo minore.
2.7.Il ritmo
Così come la frase musicale, anche la frase di un testo ha
un ritmo che il lettore deve saper rendere. Si tratta del modo in
cui viene regolata la successione delle sillabe e delle parole.
La maggior parte dei lettori legge troppo in fretta: la velocità
con cui si legge devessere decisamente più lenta che nella
comune conversazione. Inoltre la velocità deve variare secondo
il genere letterario del testo che si legge (la poesia, ad
esempio, un salmo, si legge più lentamente che lepopea, ad
esempio il passaggio del Mar Rosso): ogni pagina ha il suo ritmo!
Dobbiamo in ogni caso lasciare sempre il tempo alle parole non
soltanto di essere pronunciate, ma soprattutto di essere capite.
Agli effetti di chi ascolta cè un ritmo diverso di
assimilazione rispetto a chi parla. La regola fondamentale è:
adagio e con senso.
Attenzione, inoltre, ad evitare lerrore di una lettura
a strappi, caratterizzata da pause troppo nette; il ritmo della
frase devessere sempre scorrevole e uniforme.
2.8.Il volume
La lettura in pubblico richiede anche che si parli con un
volume più alto di quello che si userebbe nella comune
conversazione, anche in presenza di un microfono. Daltra
parte, in pubblico, bisogna sempre parlare rivolgendosi alle
persone delluditorio che sono più lontane, sia per
aumentare la portata della voce, sia per abbracciare
con il nostro sguardo lintera assemblea.
2.9. Lintonazione
Bisogna fare attenzione a leggere con unintonazione
media, cioè quella per noi più naturale e più comoda;
capita spesso, invece, che si legga in pubblico in un tono
diverso da quello che per noi è abituale (normalmente più
alto), con il risultato dì apparire innaturali e di affaticare
la voce. Eindispensabile evitare sia la cantilena sia
gli sbalzi eccessivi dai toni acuti a quelli gravi e viceversa;
in altre parole, bisogna imparare ad usare correttamente la
modulazione della voce.
Un esempio molto importante che illustra la necessità dì
cambiare intonazione è quello delle frasi incidentali (molto
comuni, ad esempio, nelle lettere paoline) che richiedono
unintonazione diversa (normalmente più bassa) dal resto
della frase, allo scopo di evidenziarle.
Si faccia attenzione poi a lasciare lintonazione in sospeso
al termine di una prima parte della frase che è seguita da
unaltra parte da essa dipendente, e di chiudere, invece,
lintonazione al termine di una parte compiuta della frase o
al termine della frase stessa.
Anche le frasi esclamative ed interrogative richiedono
luso di unintonazione particolare. Si considerino in
particolare le frasi interrogative onde evitare la cantilena o
lerrore di fare cadere laccento interrogativo solo
sullultima parola. A volte non è nemmeno il caso di far
sentire linterrogazione perché essa è già suggerita
dalla frase stessa (es.: Che cosa mangeremo?;
Quale merito ne avrete?); quando invece è necessario
farla sentire, lintonazione interrogativa normalmente deve
cadere sul verbo (es.: Non sapete che siete tempio
di Dio?; Chi vi ha suggerito di sottrarvi
allira imminente?).
Attenzione alla finale di una frase: non è mai caratterizzata
dauna caduta del tono della voce, ma dal mantenimento della
stessa intonazione fino al punto fermo.
Attenzione anche allintonazione dellinizio di frase.
Devessere sempre più alta dellintonazione con cui si
è terminata la frase precedente, per segnare la ripresa del
discorso ed il distacco fra le due frasi.
Capita spesso inoltre di confondere il volume con
lintonazione, con il risultato che, senza rendersene conto,
alzando luno si alzi anche laltro e viceversa, mentre
la loro regolazione deve sempre essere mantenuta rigorosamente
separata.
2.10.Il colore ovvero linterpretazione
Il lettore che legge la Parola di Dio non può esimersi dal dare
colore, dallinterpretare la lettura: limportante è
farlo nel modo giusto, cioè con estremo senso della misura. Non
si deve leggere in modo piatto, come se non cinteressasse
ciò che leggiamo, anzi, dobbiamo mettervi tutto il nostro
slancio, il nostro entusiasmo, la nostra gioia di annunciatori
della Parola. Ma non si deve nemmeno eccedere nel colore, per il
solo timore dessere monotoni o per voler dare
uninterpretazione troppo personale.
Gli errori da evitare sono:
· la lettura
sfilacciata, noiosa, fredda che fa notare il disinteresse del
lettore;
· la lettura
cantante, cioè ricca dinflessioni non necessarie, di
cadenze sempre uguali, un po falsa, forzata;
· la lettura
enfatica, cioè piena di troppo calore che diventa enfasi,
cioè freddo convenzionalismo.
Il colore devessere misurato in funzione del
tipo di lettura, dellassemblea di fronte alla quale ci
troviamo, ecc. In questo ci si può aiutare anche cercando
dimmaginare, sia prima sia durante la lettura, la
scenografia di ciò che stiamo leggendo.
Altra cosa sono invece lomelia, le parole di saluto, le
monizioni, le introduzioni, cioè i momenti nel quali ci
esprimiamo attraverso parole nostre: in questi casi è necessario
usare uninterpretazione più personale, allo scopo di
rendere i nostri interventi più convincenti ed ascoltati.
2.11.Larticolazione e la pronuncia
Per una buona articolazione è indispensabile parlare con la
bocca ben aperta, soprattutto per articolare bene le vocali.
Le vocali sono sette, poiché sia la e sia
la o hanno un diverso accento fonico, cioè
una pronuncia chiusa o acuta (é,ó) (es.: perché,
cristianésimo, vérde; cróce, amóre, nói) ed una aperta o grave
(è, ò) (es.: chièsa, bène, cènto; sacerdòzio, cuòre,
uòmo).
Bisogna rispettare inoltre laccento tonico delle
vocali e cioè appoggiare la voce sulla vocale giusta (vocale
tonica), in modo che le parole vengano pronunciate nel modo
corretto: tronche (es.: verità), piane (es.: etèrno), sdrucciole
(es.: àlbero), bisdrucciole (es.: rùminano), trisdrucciole
(es.: telèfonaglielo). Le difficoltà si hanno soprattutto
per alcune parole difficili (es.:
gratùito e non gratuìto;
mollìca e non mòllica
dissuadére e non dissuàdere;
rubrìca e non rubrica; ecc.). Le vocali e
e o, quando non sono toniche, hanno sicuramente
accento fonico chiuso.
In alcuni gruppi di lettere la vocale i compare
come semplice segno ortografico e non come suono e pertanto non
deve essere pronunciata (es.: cièlo, fascia, religione,
fanciullo, ecc.). A volte, davanti ad unaltra vocale
la i ha la funzione di semiconsonante
(in quanto sostituisce lormai arcaica j) e
deve pertanto essere pronunciata in modo più duro, come se fosse
raddoppiata (es.: aiuto, tabaccaio, gaio, ecc
).
Bisogna far attenzione allarticolazione della s
e della z che può essere sorda o aspra (es.:
segno, spesso; grazia, bellezza); sonora o dolce (es.:
risveglio, centesimo; bizzarro, organizzare).
I gruppi di consonanti gn, gl e sc
hanno un suono rafforzato e, pertanto, devono essere pronunciati
come se fossero raddoppiati (es.: signóre, égli, conoscènza,
ecc.). Inoltre alcune consonanti iniziali di parola si
pronunciano come se fossero raddoppiate quando seguono certe
parole terminanti per vocale (es.: di-d-Dio, è-v-vero, a-m-me,
ecc.).
2.12.La sonorizzazione
Un impianto di sonorizzazione è composto essenzialmente da tre
tipi di oggetti:
· i microfoni
che servono a raccogliere la voce di chi parla
· lamplificatore
che ha lo scopo di amplificare i suoni ricevuti dai
microfoni
· gli
altoparlanti che servono a ritrasmettere i suoni amplificati.
Questi oggetti sono collegati tra loro in serie nellordine
suddetto.I microfoni si suddividono essenzialmente in due
famiglie:
· i microfoni
onnidirezionali che ricevono i suoni provenienti da ogni
direzione;
· i microfoni
direzionali che captano soltanto i suoni provenienti dalla
direzione frontale.
Normalmente un ambone è dotato di microfono direzionale. Il modo
migliore per controllare il funzionamento del microfono è quello
di dargli un leggero colpetto con un dito.
E importante riuscire a creare durante la lettura
variazioni di volume. Ciò lo si ottiene variando sia il volume
della voce, sia la posizione della bocca rispetto al microfono.
La posizione media ideale consiste nel disporre il microfono a
circa venti centimetri dalla bocca, più o meno allaltezza
delle spalle, e quindi leggermente rivolto verso lalto.
Quando è necessario, si può variare la distanza della bocca dal
microfono, con spostamenti del tronco. Si possono distinguere tre
zone, corrispondenti a tre distanze:
Alcuni consigli: